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Staiti in breve

Il paese sorge sulle pendici sud orientali dell'Aspromonte, lungo una cresta digradante che scende in
direzione della costa del basso Ionio reggino tra Capo Spartivento e Capo Bruzzano.
L'insediamento attuale risale alla fine del XVI secolo quando vari villaggi di epoca medievale,
soggetti all'Abbazia di Santa Maria de' Tridetti e ricadenti in fatto di civile giurisdizione all'interno
delle Terre di Brancaleone e Bruzzano, decisero di riunirsi in un unico agglomerato che li potesse
rappresentare tutti e che potesse dare voce alle istanze di una popolazione sempre più numerosa.
Quei villici presentarono un memoriale alla feudataria Eleonora Stayti Spadafora (1572 – 1590) a
sostegno dell'edificazione del nuovo insediamento e come segno di gratitudine decisero di utilizzare
il cognome acquisito dalla Contessa come nome del nuovo paese. Quando, successivamente,
sempre per interesse degli stessi feudatari venne istituita l'Università, la stessa assunse come
emblema lo stemma araldico della famiglia Stayti, ovvero un leone rampante sormontato da una
corona.
Durante i primi due secoli di storia la stessa Università esercitava il controllo diretto solo su un
piccolissimo lembo di terra del feudo di appartenenza, godeva dei consueti usi civici sulle foreste
feudali e versava censi enfiteutici al Capitolo di Bova per l'utilizzo delle terre della Badia di
Tridetti.
L'insediamento registrò un considerevole incremento demografico, posizionandosi fino alla seconda
metà dell'Ottocento come il paese più popolato tra le città di Bova e Bianco. Solo la carestia degli
anni 1667 – '72 causò una battuta d'arresto con la morte di circa 300 persone su una popolazione di
circa 1.000 abitanti, ma nei decenni successivi la ripresa fu particolarmente significativa
raggiungendo un picco di oltre 1700 anime già durante la prima metà del XVIII secolo.
Dal 1811 al 1934 fu Capoluogo di Mandamento con Pretura e carcere mandamentale (dal 1907
trasferita alla Marina di Brancaleone); al Decennio francese risale l'istituzione delle prime guardie
forestali; dal 1713 ebbe la sede notarile e dal 1862 uno delle prime stazioni dei Reali Carabinieri,
estendendo la sua giurisdizione su Palizzi, Pietrapennata, Brancaleone, Bruzzano, Motticella e
Ferruzzano.
Particolare attenzione merita il contributo di Staiti al Risorgimento calabrese; dal prete eroe
Francesco Martelli, che si distinse a Vigliena durante la Repubblica napoletana del 1799, fino ai 16
liberali della Rivolta del 1847, proseguendo con il martirio di don Lorenzo Musitano presso il
Carcere di Reggio nel 1850, si arriva poi agli entusiasmi per Garibaldi e all'adesione alle istanze
dell'Irredentismo dei primi del Novecento.
I terremoti del 1638 e del 1783 causarono, fortunatamente, solo poche lesioni al patrimonio edilizio;
quelli del 1907 e 1908 danneggiarono diverse abitazioni e causarono il crollo delle volte dellaChiesa arcipretale. Furono quindi costruite le prime case popolari poco sotto la Chiesa di Sant'Anna
e per l'occasione l'acqua della fontana delle Grotte venne intubata e condotta fino alla Cappella
patronale.
Le Leggi eversive della feudalità e le Ordinanze dei Commissari ripartitori riconobbero a Staiti la
giusta porzione sui demani ex feudali, ecclesiastici, comunali e promiscui, così come la proprietà di
parte del Demanio Zelante dove successivamente venne edificata la Marina di Brancaleone.
Ingente fu il contributo staitese alla Grande Guerra (26 caduti). Dal 1935 al 1971 fu anche attiva in
paese una Casa delle Salesiane Oblate del Sacro Cuore. Di straordinario interesse storico rimane la
Rivolta del 1936 contro l'esosità delle tasse addebitate ai cittadini dal segretario comunale. Inoltre,
durante il Secondo conflitto mondiale Staiti perse 20 suoi concittadini, fra caduti e dispersi.
Vanta una tradizione bandistica già a partire dal 1900; le sue donne erano famose in tutto il
circondario per la loro naturale bellezza, così come ancor oggi rammenta una vecchia canzone
popolare: Bellizzi di Staiti, fiuruzzi di li prati .... .
L'alluvione del 1951 risparmiò fortunatamente il paese da eventuali altre sciagure, devastando però
un territorio che a fatica riprese a vivere. L'emigrazione e il trasferimento di numerose famiglie
sulla costa causò il lento e progressivo calo demografico, passando dai 1600 abitanti della prima
metà del Novecento a poco più di 200. Nel 1996 il paese si sollevò nuovamente in rivolta per
mantenere la locale Stazione dei Carabinieri.
L'economia del paese si basava sostanzialmente sull'agricoltura, sull'allevamento e sull'artigianato;
di grande valore risultavano quindi i vari elaborati di lino, cotone, ginestra e la sericoltura venne
ampiamente praticata così come ebbe a scrivere il viaggiatore inglese Edward Lear. La produzione
di carbone, legna da ardere o per usi edilizi, della cosiddetta zumpa (radice di erica rielaborata poi
per la produzione di pipe), insieme alla raccolta del fiore del gelsomino, costituirono infine
possibilità lavorative per arrotondare le entrate di ogni nucleo familiare.
L'esercizio delle varie professioni durante gli ultimi quattro secoli dimostra anche una certa
attenzione degli Staitesi nei confronti dell'istruzione dei loro figli; numerosi furono, anche in tempi
di povertà e bisogno, gli studenti che da Staiti si trasferirono presso il Seminario di Bova e Gerace
prima, e a Napoli e Messina dopo, per distinguersi negli studi giuridici, teologici o di medicina,
oltre che per l'esercizio della professione di notaio. Emblematico risulta un dato estrapolato dalla
visita pastorale del 1753 dalla quale emerge la presenza nella sola Staiti di ben 17 sacerdoti, 4
chierici e 3 novizi; nello stesso periodo risiedevano in paese anche 3 medici, 2 avvocati e 1 notaio
Una delle personalità più eminenti del Novecento al quale Staiti diede i natali fu sicuramente mons.
Antonino Sgrò, protonotario apostolico, rettore e vicario generale.
Molte erano le festività legate alla devozione e alla religiosità popolare, alcune delle quali ancor
oggi praticate: la festività della Natività di Maria con pellegrinaggio a Santa Maria de' Tridetti l'8settembre, la festa patronale di Sant'Anna, di San Nicola, del Corpus Domini e di Sant'Antonio.
I visitatori, già prima di arrivare a Staiti, possono ammirare le eleganti linee architettoniche delle
rovine della Chiesa abbaziale di Santa Maria de' Tridetti, monumento nazionale risalente all'epoca
normanno – bizantina che rappresenta purtroppo l'unico elemento antropico visibile di un passato
glorioso che, intorno all'omonimo monastero e alle numerose pertinenze, ha delineato e
caratterizzato la storia sociale, economica e religiosa di tutta la Vallata e dei paesi limitrofi.
Arrivando a Staiti, si può sostare brevemente nella zona bassa del paese e visitare la Chiesa di
Sant'Anna databile alla seconda metà del XVII secolo, all'interno della quale si conserva l'antica
statua in carta pesta della Santa patrona risalente alla seconda metà del Settecento. Accanto ad essa
un tempo si ergeva un Romitorio e successivamente il primo cimitero cittadino del quale rimane
ancor oggi una caratteristica tomba a inumazione.
Salendo verso il centro storico si può raggiungere la piazza principale e visitare la Chiesa
arcipretale di Santa Maria della Vittoria, uno dei pochi edifici di culto barocchi della provincia
ancora oggi ben conservata la cui datazione risale alla fine del XVI secolo, anche se alla fine del
XVII venne ampliata e abbellita per meglio venire incontro alle accresciute esigenze spirituali della
comunità. All'interno, particolare attenzione meritano la scultura in marmo bianco di Carrara della
Madonna del Rosario di Martino Regi risalente al 1622, l'altare maggiore e alcune cappelle laterali
risalenti ai primi del Settecento.
Sempre nei pressi della piazza si potrà visitare il museo dei Santi italo – greci collocato al primo
piano di Palazzo Cordova, già sede della Pretura e del Carcere mandamentale.
Salendo poi verso piazza Luca Violi si potrà scorgere in lontananza l'edificio dove un tempo si
ergeva il Palazzo della Corte degli Stayti, oggi ristrutturato e adibito a edilizia residenziale. Di
fronte alla stessa piazza si trova invece l'edificio delle poste ove un tempo vi era un “ospedaletto” e
successivamente un mercato coperto con tanto di banditore che annunciava per le vie del paese le
mercanzie messe al banco dai vari venditori provenienti anche dai paesi vicini e dalla costa.
Proseguendo sulla stessa strada, dopo una ripida salita, si giunge presso piazza Municipio con
l'elegante edificio comunale ove un tempo sorgeva la Chiesa di Santa Caterina di Siena, jus
patronato delle famiglie Stayti e Carafa .
Proseguendo verso l'area belvedere, usciti dal circuito del paese, si può osservare l'antica Fontana
della Rocca con maschere apotropaiche.
Ritornando in piazza Municipio si potrà salire ulteriormente fino a raggiungere la parte alta del
paese e godere dei bellissimi panorami dalla piazzetta del Calvario.
Seguendo poi i vari sentieri che si snodano tra la natura incontaminata di questi luoghi si potranno
scorgere i ruderi di antichi mulini ad acqua e di “carcare” per la produzione della calce.
Della grande produzione artigianale di un tempo rimangono tracce significative negli ultimilaboratori di falegnami, calzolai, fabbri. La produzione enologica si manifesta ancor oggi visitando
alcuni “catoi” ancora attivi in paese, con vini provenienti principalmente dalle vigne coltivate nelle
contrade Campolico, Giarri e Cota. Tra i vari terrazzamenti, sostenuti dalle antiche “armacere”
(muri a secco) si possono gustare ottimi fichi d'India, pere, fichi, prugne, albicocche, ciliegie, more,
uva da tavola, mandorle, noci e agrumi. La natura riserva poi delle vere e proprie prelibatezze, come
le erbette di campagna, i carciofini selvatici, il cardo, le more selvatiche e quant'altro. Sapienti mani
lavoravano il tronco dell'erica per produrre utensili, mestoli e strumenti vari da usare in cucina o
durante l'esercizio dell'attività casearia e artigianale. Non mancano ovviamente bastoni e collari in
castagno o gelso, cesti di vimini e scope di saggina.
Camminando per i stretti vicoli, tra rrughe e lamie si possono ammirare gli antichi forni a carattere
familiare dove ancor oggi sapienti mani preparano l'impasto per la cottura del pane casareccio dal
profumo inconfondibile; uno dei piatti tipici che costituisce l'essenza stessa di Staiti sono i
maccheroni con ragù a base di carne di capra allevata nelle montagne circostanti, intorno al quale
viene organizzata anche una sagra. Da qualche tempo è anche attivo un ristorante tipico, “La
Taverna dei Santi”, collocato sopra il Museo dei Santi italo – greci.
Di particolare fragranza risultano gli insaccati (capicolli, salsicce, soppressate) a base di carne di
maiale allevato spesso allo stato brado con un'alimentazione caratterizzata da radici, castagne e
ghiande; così come l'industria casearia si manifesta con la produzione di ottimo formaggio a base
di latte di capra e pecora; particolarmente gustose risultano le cosiddette ricotte salate, utilizzate per
accompagnare uno dei piatti tipici del luogo: i maccheroni.
All'interno di alcune vecchie abitazioni si possono ancor oggi scorgere antichi telai con relativi
manufatti in lino, cotone e ginestra, oltre che gli strumenti per la cardatura della lana e per la
lavorazione dei filati.
La secolare predilezione nei confronti dello studio della musica fa si che ancor oggi, girando per le
vie del paese, si possa ascoltare il suono di strumenti a fiato che vanno poi a rinvigorire l'organico
del locale Complesso Bandistico “Francesco Cilea”.
Attraversando poi i vari vicoli del centro storico si possono infine ammirare scorci di straordinario
interesse architettonico, ove un tempo abitavano circa 1700 persone; il tutto accompagnato dal
regolare rintocco delle campane di un antico orologio a pesi posto sulla sommità del maestoso
campanile, elemento caratteristico che contraddistingue emblematicamente il nostro borgo.
Fortunato Stelitano

Ultima modifica: venerdì, 17 marzo 2023

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